Galileo Ferraris
Il trionfo della Corrente Alternata
Galileo Ferraris e l’esperimento di Lanzo Torinese.
Dipartimento di Elettrotecnica Politecnico di Milano, il campo magnetico rotante, il trasformatore
“Voglio capire come Dio ha creato il mondo. Non mi interessa questo o quel fenomeno in particolare, voglio penetrare a fondo il Suo pensiero. Il resto sono solo minuzie […] L’esperienza più bella che possiamo avere è il senso del mistero, l’emozione fondamentale che accompagna la nascita dell’arte autentica e della vera scienza. Colui che non la conosce, colui non può più provare meraviglia e stupore, è già come morto ed i suoi occhi sono incapaci di vedere”
A. Einstein
Cari Amici, questa sera, grazie alla Vostra Ospitalità, ci siamo dati qui convegno per commemorare, ma soprattutto per finalmente conoscere nella maniera dovuta, un Grande Italiano, ma soprattutto un Grande Piemontese, che ci onora.
Faremo la sua conoscenza con l’ammirato stupore e con il timore reverenziale che sempre si debbono ad un grandissimo scienziato, al suo talento ed al suo impegno, e con la gratitudine che gli è dovuta per essere stato, a vantaggio di tutti noi, il Padre della II Rivoluzione Industriale.
Ne coglieremo la scienza e la tecnologia, entreremo, in punta di piedi, in assonanza con la sua interiorità, ne coglieremo il pensiero nella scienza, nella tecnologia e nel costume del tempo, ma, soprattutto, ne ritroveremo tutto il sacro rigore e la preziosa dottrina del Piemonte Risorgimentale che fece l’Italia.
Parleremo nel dettaglio:
- Parte Prima: Galileo Ferraris nella Storia del suo tempo.
- Parte Seconda: Galileo Ferraris nella Scienza del suo tempo.
- Parte Terza: I contributi di Galileo Ferraris
- Parte Quarta: L’esperimento di Lanzo Torinese.
Parte Prima
Galileo nasce nel 1847, nel Piemonte di Carlo Alberto, un Piemonte che forse non ha mai preso completamente le distanze dalla Restaurazione voluta da un Congresso di Vienna gestito da colui che i Milanesi chiamano Clemente di Metternich (ricordiamoci Vittorio Emanuele I e Carlo Felice; oltre che naturalmente il Trocadero. Quando viene al mondo, manca dunque un anno alla I Guerra di indipendenza, quella successiva alle 5 Giornate di Milano: è l’epopea del Risorgimento; Vive da adolescente la fase preparatoria della Guerra di Crimea e degli gli accordi di Plombier: il genio politico di Cavour (ed in seguito quello di Cattaneo), avrà una forte influenza sulla sua formazione e soprattutto sul suo modo, a forte impegno sociale, di vivere l’ingegneria; È Cavour a porre in luce come, per mettere in ginocchio l’Inghilterra, ancor prima di affondarne la flotta, occorerebbe fermare le sue macchine a vapore.
Il vapore come sinonimo di energia, il problema della sua generazione, del suo trasporto e della sua utilizzazione: il cavouriano Ferraris, come vedremo, farà sue, da ingegnere, queste consapevolezze: generare, trasmettere e distribuire energia …
In modo tale, lui dice, da ridurre il tempo speso dalle donne per stare davanti ai telai e far sì che possano dedicare più tempo ai loro bambini; Sarà, per il Piemontese Galileo, il suo modo di dare il suo contributo al Risorgimento …
Nelle pianure tra Vercelli e Torino, tra risaie e campi di granoturco, all’interno di una media borghesia che si è“affrancata con Napoleone” (il padre è farmacista ed uno zio è medico), in una famiglia di origine monferrina, Ferraris succhia con il latte materno il meglio della Tradizione del Vecchio Piemonte:
Amore schietto per la libertà e per la patria; Sfida costante all’oscurantismo ecclesiastico (nemico dei prelati in generale, ma buon amico del parroco quanto basta per andare alla domenica a suonare l’organo in chiesa), lealtà e dedizione assoluta al lavoro; Scelta di una vita sobria ed austera, disponibilità incondizionata ed autentica per chi ha bisogno.
Da adolescente vive l’epopea di San Martino, Solferino, Magenta, Pastrengo.
Nel 1861, al momento della Proclamazione del Regno d’Italia, si avvia ad essere un brillantissimo studente liceale classico: l’amore per la letteratura, per l’arte e per la musica non lo abbandoneranno mai; Vive e studia dunque in una Torino a pieno titolo Capitale d’Italia.
Ed in un’università che è certo, e non solo in Italia, una delle più prestigiose, e Torino saprà tributare eguali onori al Grande Re e al Grande Scienziato.
Ferraris si laurea brillantemente, non ancora 22 – enne, nel 1869; a tre anni dalla III Guerra di Indipendneza che vede l’Italia alleata della Prussia contro l’Austria sconfitta a Custoza e a Lissa,
manca un anno alla Breccia di Porta Pia.
Sostanzialmente estraneo alla libera professione, opta per la carriera universitaria, nel 1870, è nominato assistente, al Museo Industriale di Torino, del Prof. Codazza, docente di Fisica Tecnologica, scienziato tra i maggiori del suo tempo, docente universitario, uno dei padri dell’Elettrotecnica, lo stipendio gli sarà corrisposto dal Ministero dell’Agricoltura.
Gli anni ’80 –’90, che lo vedono tra gli elettrotecnici più autorevoli del mondo, sono quelli di Umberto e Margherita. Sono gli anni di un’Italietta che, faticosamente, si sta affacciando in Europa e lo fa pagando tutte le contraddizioni e tutti i limiti propri del Risorgimento, con una vasta dominanza di analfabetismo, con un’economia ristagnante e che certo, a parte Milano, non ha ancora mire espansionistiche di tipo industriale, e con un potere politico che, sempre di più, involve verso il governo della sciabola.
Nazione agricola per eccellenza, l’Italia del momento non potrebbe mai industrializzare le idee geniali del Ferraris: ogni sua innovazione, nata sulle pagine degli Atti dell’Accademia delle Scienze di Torino, è destinata a trovare attuazione in Germania; E, subito dopo, negli USA: là l’espansione industriale ha in animo di sfruttare le risorse idroelettriche delle cascate del Niagara. Ma per risolvere questo problema occorre preventivamente combattere la dura battaglia dei massimi sistemi: corrente continua o corrente alternata?
La risposta, con Ferraris, arriverà da Lanzo Torinese: è il 1884
Nel 1879, a 32 anni, per chiara fama (senza concorso), viene nominato Ordinario di Fisica Tecnologica, nel 1887 fonda la Scuola di Elettrotecnica e ne assume l’insegnamento, con un centinaio di allievi, sarà la più prestigiosa d’Italia. Consigliere comunale a Torino nell’87, si occupa dell’illuminazione pubblica della città, diviene assessore nel ’95: gli impegni pubblici, le perizie, la scuola lo assorbono totalmente e riducono pericolosamente le ore notturne riservate al riposo; La salute ne risente e comincia, assieme alla vista, a declinare, si ha, nella ricerca, un’attenuazione della sua operosità.
Nell’88, a Roma, ai Lincei, alla presenza dell LL.MM., tiene una relazione sulla trasmissione dell’energia elettrica che, simbolicamente, fa il punto e chiude un secolo di feconde e rivoluzionarie ricerche sull’Elettricità iniziate con Volta: a 3 anni dall’elaborazione teorica del Teorema di Poynting, è il primo ad avvalersene per studiare l’energetica elettrica.
Nel ’94 pubblica uno studio cruciale sulla teoria dei vettori controrotanti che apre la strada alla futura teoria unificata delle macchine elettriche.
Nel ’96 pubblica un lavoro sulla conversione monofase – trifase che apre strade rivoluzionarie alla neonata Trazione Elettrica.
Ma quel che manca ormai è una sintesi del suo pensiero che, in modo organico, raccolga in un Trattato tutta la sua Elettrotecnica, per farlo, si dibatterà tra l’opera di J.J. Thomson e quella di Mascart – Joubert, ma non approderà a nulla, del trattato farà, con un’autocritica sofferta e feroce, una decina di stesure, ma il risultato a stampa sarà il solo primo capitolo, quello nel quale, in modo a tutt’oggi ineguagliato, tratterà postmaxwellianamente della teoria dei campi vettoriali.
Solo dopo la sua prematura scomparsa i suoi discepoli, devotamente, raccoglieranno e comporranno i loro appunti dalle lezioni e pubblicheranno un “Trattato Postumo”, custodito nelle biblioteche universitarie di tutto il mondo, è oggi opera ambitissima da parte di antiquari e collezionisti, ancor oggi, molti nuovi Trattati di Elettrotecnica lo citano in bibliografia come strumento per un maggior approfondimento.
La copia del Ferraris di proprietà del Prof. Correggiari, direttore dell’IEICE, l’Istituto di Elettrotecnica del Politecnico di Milano.
Rappresenta il Governo del Regno nei Convegni Internazionali: a Boston, a Zurigo, a Parigi, a Vienna, a Francoforte.
Nel ’96 la neonata AEI lo acclama suo Presidente.
Ma rimase sempre legato alla sua Torino, il 28 dicembre, per festeggiare la sua nomina a senatore, disse:
Venni a Torino fanciullo, per studiare; ma nella scuola trovai, oltre il nutrimento intellettuale, anche la dolcezza del cuore, e rimasi a Torino per la forza irresistibile che mi avvinceva ad essa. Mi accorsi poi che la cerchia d’amore a Torino s’era allargata; l’amore è come il calore, come la luce, come tutte le grandi energie che si propagano, e mi accorsi quindi che il mio amore copriva come una rete tutta la città. Qui ho sacri ricordi, qui nella calma dello studio, nell’atmosfera satura di feconde energie intellettuali, in questa città che amo tanto, volli che anche le care spoglie di mio fratello dimorassero. E qui rimasi, sordo agli inviti, indifferente alle attrazioni di altri centri di studio, e qui rimango come in una famiglia affettuosa. E qui, come in tutte le famiglie affettuose, passarono leggere ombre di amarezze, ombre che possono avere lasciato nel mio cuore una traccia di dolore, ma che non turbano la fede che qui mi circonda.
Milano e Roma gli offriranno cattedre prestigiose, ma, come Cavour, che ben di rado oltrepassò Roma, rimase nella sua amata Torino.
Nel ’96, per nomina regia, è nominato Senatore del Regno, delinea un quadro di progresso fondato sulle «libere energie individuali»respinge la «tirannia della collettività» ed esorta i giovani a pensare che «solo con le proprie qualità individuali e non con i diplomi si sarebbero resi utili a sé ed alla società: una nazione è grande e florida in quanto sono forti, intelligenti e liberi I suoi cittadini».
Ma l’uomo non era fatto per la politica: aveva vagheggiato un’Italia a «struttura federalistica che lentamente attenuasse sperequazioni economiche e rivalità municipali», si ritrovò, all’interno di quello che definì «il più grande laboratorio della patria», in una Monarchia Unitaria, chiese un anno di congedo per compiere un viaggio di studio negli USA, gli fu negato ed egli non insistette per non far pesare il suo ruolo di Senatore.
Privilegiò, ancora una volta, la Scuola:
«Lasciate che la mia mente, fissando nell’avvenire, si bei della visione di una generazione non ad altro intenta che al bene del paese, non più divisa da lotte di partiti personali, ma da lotte di idee, le quali non lasciano traccia di amarezze nell’animo, come
l’uragano non lascia alcuna traccia nel cielo».
Il 31-gennaio-1997, era domenica, si alzò stanco e con la febbre. Ma non per questo si risparmiò e lavorò comunque. La mattina dopo andò egualmente a lezione. Ed ad un allievo premuroso che, vedendolo sofferente, si prodigò, rispose con queste parole:
Lei è giovane e non conosce ancora l ’intima soddisfazione del sacrificio per l ’adempimento del proprio dovere, e non sa come un animo forte possa aver ragione sul fisico.
Parole ingenue, ma degne degli Antichi
Spiegò le azioni meccaniche in un circuito magnetoelettrico; ma, dopo mezz’ora, dovette fermarsi: «signori la macchina è guasta, non posso continuare» tornò a casa a piedi, la febbre lo assalì e dovette mettersi a letto. Si afflisse di non potere assistere alle imminenti rappresentazioni del suo amato Wagner. Mutatisi la pleurite in polmonite, il male ebbe ben presto la meglio.
Il 7 febbraio 1897, alle 17,25, nella modesta casa di via XX settembre, non ancora cinquantenne, il padre della moderna elettrotecnica, l’artefice della II Rivoluzione Industriale, spirava.
Se ne andava con lui una parte del miglior Piemonte Sabaudo: quella che aveva fatto l’Italia ed ancora la stava facendo.
L’evento passò inosservato: nello stesso giorno, qualche ora prima, l’82enne generale Raffaele Cadorna, il condottiero della breccia di Porta Pia, carico di gloria e di onori, era passato a miglior vita.
Parte seconda
All’indomani della presa della Bastiglia, facciamo un breve ripasso cronologico:
campi centrali ed azione a distanza: spazi geometrici.
- 1801: Pila Voltiana (è il primo colpo all’Illuminismo ed all’Ècole: per la prima volta, fluidi diversi interagiscono all’ interno di un sistema)
- 1820: Oersted (l’interazione magnetoelettrica evidenzia come elettricità e magnetismo interagiscano; la Meccanica come condizione di intelligibilità del mondo è contrastata dalla naturephilosophie tedesca)
- 1824: Ampere (l’elettrodinamica voltiana cerca di riportare Oersted nell’ortodossia newtoniana)
La scienza francese esce di scena ed il gioco passa oltre la Manica.
Azione per contatto: spazi fisici:
- 1831: legge di Faraday (viene abbandonato il modello a distanza e si passa a quello per contatto)
Il genio di Helmholtz fa la sua prima apparizione:
- 1847: conservazione della forza/potenziale vettore (il ruolo primario dell’energia comincia ad essere acquisito/lo stato elettrotonico di Mossotti viene formalizzato analiticamente)
La teoria di Faraday viene matematizzata ed interpretata, all’interno dell’etere, da un modello meccanico:
- 1856: On Faraday’s lines of force (JCM cerca di far assolvere il pensiero faradiano dall’accusa di La teoria di Faraday viene essere un approccio metafisico)
- 1862: On Physical lines of force (JCM elabora il modello meccanico dell’etere luminifero)
Teoria e messa in equazione coincidono: il modello meccanico diviene un ausilio “visivo”.
- 1864: A Dynamical Theory of Electromagnetic Field (vengono formalizzate le equazioni del campo)
Con buona sostanza: Tutto è inizialmente legato al modello newtoniano per campi centrali che prevede un’azione a distanza con celerità infinita in uno spazio che, non avendo proprietà fisiche, non è compromesso nell’evento; Ogni fenomeno [elettrico, magnetico, termico, etc.] prevede un proprio fluido particellare e ciascuno di questi è totalmente distinto da ogni altro.
Ma la pila di Volta scombussola tutto: Dentro la pila è tutta una mescolanza di fluidi.
Le cose non vanno meglio con l’esperimento di Oersted: Elettricità e magnetismo non sono fluidi separati; Le azioni non sono centrali, tramite la corrente, non dipendono dalla posizione della cariche ma dalla loro velocità.
Non c’è dubbio: Le azioni non sono centrali; tramite la corrente, non esse dipendono dalla posizione della cariche, ma dalla loro velocità.
Il gioco passa ad Ampere che cerca di salvare l’approccio newtoniano riconducendo il magnetismo all’elettricità attraverso le “correnti amperiane”: dl2, dl1.
Il “trucco” però non funziona perché le correnti amperiane, pur facendo tornare i conti, non sono suscettibili di un approccio sperimentale e dunque, secondo il lascito newtoniano, si debbono considerare una semplice congettura.
Ci si trasferisce allora in Inghilterra con Faraday. Con lui protagonista dei fenomeni non sono più gli oggetti remoti che interagiscono in uno spazio geometrico vuoto, ma lo spazio fisico nel quale essi “galleggiano”. Nasce così l’idea di linea di forza fisica vista come espressione di uno spazio fisico che, deformandosi elasticamente al procedere dell’evento, gli permette di compiersi.
Lo spazio, attraverso le linee di forza, è identificato da uno stato elettrotonico le cui variazioni producono induzione. Espressione di un concatenamento variabile di linee di forza, ne viene,
come variazione dello stato elettrotonico, la legge di induzione. E con essa, conseguenza stessa di un’interazione tra un campo magnetico ed un campo di corrente, l’azione magnetoelettrica che dà luogo alla nozione di macchina elettrica.
Ma Faraday è un illetterato, ignora la fisica matematica per cui le sue idee rivoluzionarie, non tradotte in equazioni, vengono giudicate metafisiche. Il gioco passa allora ad un fisico matematico di altissimo profilo: James Clerk Maxwell.
Il suo contributo, racchiuso in quattro equazioni differenziali, è la teoria dinamica del campo elettromagnetico.
Per la quale:
- Le correnti dielettriche sono indistinguibili da quelle di conduzione nella generazione del campo magnetico;
- Il campo elettromagnetico evolve nel tempo e si propaga nello spazio per onde; I fenomeni ottici sono solo un caso particolare dei fenomeni elettromagnetici;
Parte terza
La posizione occupata da Ferraris nell’evoluzione dell’Elettromagnetismo dalla sua fase teorica (espressa a pieno campo da Maxwell) a quella eminentemente applicativa (espressa da Steinmetz) è intermedia; E può essere così sintetizzata:
- lo scienziato
- Il fisico matematico
- lo scienziato inventore
- Il fisico matematico che diventa ingegnere
Con lui il settore applicativo fa il finalmente il necessario salto di qualità: ad occuparsi di “cose elettriche” non è più il solito praticone stupido e saccente che critica tutto ciò che non capisce, (cioè la totalità delle conoscenze possibili), ma un fisico matematico di alto profilo che usa consapevolmente, e con la necessaria maestria, la propria dottrina con scopi applicativi.
Rimovendo le scorie di un empirismo non più accettabile ed aggiungendo nel campo applicativo ciò che solo la teoria, con la sua chiarezza ed il suo rigore, può dare. Pagando però nel contempo tutte le conseguenze proprie di una Dynamical Theory che deve scontrarsi con le difficoltà prorprie del concreto e del quotidiano; e per la quale, in particolare, ogni qualvolta si cercano strade nuove, scattano “ammonizioni” di questo tipo:
«Attemps of ordinary mortals to do better than Maxwell did must discouraged. Let us follow Maxwell as long as we can, then, when someone is born who is more profound than Maxwell, we will bow him».
Ben sapendo che dopo tutto:
«Electrical engineering was born yesterday and had no long- standing tradition, no professional culture».
E non dimenticando mai che:
«The theory of the transformer described a device that does not exist in practise, but merely haunts as a phantom transformers the text- books and mathematical treatise on transformers»;
«Most theories of the induction motor were written only by theorist who never constructed a motor themselves and who have never seen a motor taken apart»,
«Phantom transmission lines circuit of uniformly distributed capacity and inductance was very different from the circuit existing in practice».
Ma prima di esaminare l’opera di Galileo, proviamo a collocarla nel contesto storico – sociale che la generò; Cerchiamo cioè, sulla scia del pensiero e dell’opera di Cavour, di trovarne quelle che furono le motivazioni, per far questo dobbiamo narrare in breve una lunga storia, la storia dell’energia.
Un’energia vista come attitudine di un sistema naturale a compiere lavoro fisico al posto dell’uomo, magari per azionare i telai, in Italia il problema (che nasce con la ruota del mulino, passa per la macchina a vapore e termina con il motore elettrico) fu sentito meno che altrove (ad esempio l’Inghilterra) perché praticamente non vi erano leggi a tutela dei bambini, perché dunque cercare fonti alternative dall’acqua che cade o dal carbone che brucia se tanto i bambini possono essere già “liberamente impiegati”?
Nella Fisica Tecnolgica di Codazza, il maestro di Ferraris la macchina a vapore non trova praticamente spazio… E sì che si dice che “la macchina a vapore ha datto alla Termodinamica molto più di quanto la Termodinamica ha dato alla macchina a vapore…”, non dobbiamo mai dimenticare che:
- Le staffe sui finimenti del cavallo vennero aggiunte per meglio far forza nel brandire la mazza;
- Nessuno si preoccupò di perfezionare i finimenti per meglio aiutare il cavallo nel tiro dell’aratro;
- Il primo uso delle dinamo fu il loro impiego per far saltare le mine e seminare dunque terrore sui popoli oppressi che si ribellavano alla tirannide;
- La prima lettera di richiesta di lavoro da parte di un ingegnere è quella (a Ludovico il Moro) di Leonardo ed inizia così: «ho modi de bombarde».
Ora il clima è cambiato e con esso è mutato il modo stesso di leggere l’energia portare energia nelle valli vuol dire portare lavoro, luce, calore e benessere; L’energia diviene non in più il differenziale esatto di una funzione di stato ma un dato sociale e di fratellanza.
La nostra storia inizia con la Meccanica fredda: dalla ruota del mulino alla turbina idraulica e, grazie alla potenza motrice del vapore degli Illuministi, passa alla Meccanica Calda. Nasce il ciclo Rankine.
Ben presto si mette a punto tutta una serie di marchingegni: E, pur con molteplici limiti, si ottengono i primi risultati. Ma un problema resta irrisolto: la trasmissione a distanza di potenza.
Se si vuole trasmettere energia dalle sommità isolate dei monti alle valli lontane, occorre escogitare dei mezzi opportuni, e quelli meccanici non vanno oltre qualche decina di metri, ben presto, risolta l’urgenza del fuoco e dell’acqua, trasmettere diventa più assillante di generare; e ben più difficile. L’energia diventa dunque tanto più pregiata quanto più facilmente la si può accumulare e quanto più facilmente la si può trasmettere, le pulegge sono limitatissime, le canalizzazioni sono costosissime. Per questo l’elettricità vince:
- È facile da generare;
- È facile da regolare;
Ma è soprattutto facile da trasportare: nel vuoto esterno ad un conduttore che funge da binario, alla velocità della luce. Il passaggio all’elettricità è dunque scontato. Inizialmente, le macchine elettriche a corrente continua appaiono una buona risoluzione:
- Hanno maggior rendimento;
- Non sono alternative;
- Sono più facilmente regolabili;
- Sono reversibili;
- Sono vincenti nel rapporto peso potenza.
Ben presto però, con il crescere della richiesta di energia, la distanza tra i baricentri di generazione e quelli di utilizzazione non può essere più coperta dalla continua: occorrono tensioni sempre più alte, ne è conferma nel 1884 la Centrale di Santa Redegonda di Milano (la prima centrale termoelettrica d’Europa): costruita nelle immediate adiacenze del Duomo, arriva ad alimentare solo la Galleria.
Per coprire distanze sempre maggiori e trasportare energie sempre più consistenti occorre allora elevare le tensioni ma, a causa degli isolanti, i generatori non ce la fanno.
Eppure l’evoluzione energetica è vincolata a questo risultato: non ci sono – né ci possono essere – alternative. Nato implicitamente nel 1831 con la legge di Faraday, ma poi lasciato in ombra perché non è necessario, si affaccia allora il trasformatore.
Promette magie: alimentato ad una tensione bassa (come quella dei generatori), è in grado di restituirla sensibilmente elevata (come quella richiesta dalla trasmissione).
Ad occuparsene sono due praticoni: Gaulard (un esperto di esplosivi) e Gibbs (un esperto di finanza).
Malgrado le equazioni di Maxwell, che sono in grado di risolvere ogni problema elettromagnetico, gli esiti sono quanto meno “singolari” si pensa che il trasformatore, elevando la tensione, crei energia per cui lo si chiama “generatore secondario”, per questo, negli USA, viene rifiutata una richiesta di brevetto, per combattere le correnti parassite, si toglie il nucleo ferromagnetico e se ne pone sostitutivamente uno di legno, benché la teoria dei circuiti magnetici sia già stata svolta, il trasformatore ha il circuito magnetico aperto. Se ne calcola il rendimento e lo si trova inaccetabilmente basso perché si sbaglia ad usare la formula della potenza.
Ma poi c’è la linea di trasporto: Nel 1857 Kirchhoff l’ha teorizzata e (anticipando così i risultati di Maxwell del 1864) ha mostrato la presenza, lungo il conduttore, di onde migranti alla velocità della luce, ma la sua teoria è troppo anticipatrice, sconcerta, non viene capita e viene pertanto accantonata.
Ed infine c’è il motore a valle; se il sistema è a corrente alternata (ammesso che la cosa sia fattibile), il motore Pacinotti è inutilizzabile ed i motori disponibili non sono autoavvianti; se la situazione è già critica per il trasformatore, per la linea ed il motore è addirittura innimmaginabile.
Ferraris, il Piemontese, si è formato su Cavour. Da ragazzo sogna di costruire gigantesche pulegge in grado di prendere l’energia dalla val d’Aosta e di portarla, così da diffondere benessere, in Val Sesia, nasce nell’anno in cui Helmhotz pubblica «Über die Erhaltung der Kraft», ma fa sua la frase di Hirn sulle trasmissioni telodinamiche:
«La force motrice fut toujours localisée, d’or en avant elle sera mobilisée».
Si laurea con una tesi sulle trasmissioni telodinamiche; ma sa che Volta, inventata la pila, pensava, stando a Como, di rendere incandescente un filo elettrico posto a Milano servendosi di una linea… E poi vede che Deprez, con le linee elettriche, sta facendo miracoli. Nato ingegnere civile, userà l’elettricità come l’avrebbero usata Cavour e Cattaneo: il carbone bianco che, come l’acqua, dovrà uscire dai “rubinetti” delle case, adesso il gioco è fatto: È un grande fisico matematico, conosce perfettamente Maxwell, affronta il problema e lo risolve totalmente. Per via intrinsecamente maxwelliana.
Per il Trasformatore usa le equazioni che Maxwell aveva già elaborato nel 1864 e di cui i praticoni non erano a conoscenza:
Dopo di che, lavorando con la prestigiosa Ditta Ganz di Budapest, aggiunge tutto quello che, di tecnico, Maxwell non ha fatto. Giovane assistente, per prendere la idoneità a matematica, riprende la teoria della linea nella quale si era inceppato Kirchoff e la risolve interamente. E poi passa al campo rotante, dove sfrutta analogie meccaniche, e soprattutto maxwelliane tra elettricità-magnetismo ed ottica, Ferraris non scopre il campo magnetico, così come non lo avrebbe scoperto Cavour e come non lo avrebbe scoperto nessun “culo di pietra” piemontese, lo inventa.
Nel 1891 a Laufen si effettua il primo esperimento a tecnologia polifase. Le idee del Piemontese che sogna valli vitalizzate di energia vengono presa in consegna dai tedeschi. E in fondo non poteva che essere così: l’Italietta agricola del tempo ed un malinteso senso della cultura non avrebbero saputo che farsene di una energia che si eleva in un trasformatore, viaggia alla velocità della luce e ruota dentro ad un motore. E poi nell’Italia del tempo, ammessa lecita la partizione, ci sono due culture: l’umanistica e la scientifica, se è squalificante socialmente ignorare Carducci, non conoscere Ferraris è quasi un dovere sociale.
È il trionfo
Parte quarta
Era il 1891: ma i giochi erano stati fatti molto prima, nel 1884 a Lanzo Torinese. È il 1884: a Torino si svolge l’expo. Il Governo offre 10.000 lire ed il Comune di Torino ne aggiunge altri 5.000 (ma sarà Margerita di Savoia a finanziare sottobanco l’iniziativa di Ferraris perché un italiano abbia la meglio sui Tedeschi…) a colui che saprà presentare una soluzione innovativa in merito al trasporto a distanza di energia elettrica.
La linea elettrica di Ferraris, alimentata dal traformatore da lui teorizzato, parte dal Valentino (sede dell’esposizione), valicava ferroviaria la linea Milano- Torino e giungeva Stazione alla Lanzo. Qui una motrice a vapore Tosi avrebbe azionato un alternatore Siemens il quale, a 150 Hertz, avrebbe alimentato due trasformatori Gaulard e Gibbs (teorizzati da Ferraris) e questi, lungo una linea telegrafica parallela alla linea ferroviaria, avrebbero alimentato, con una potenza di 1300 watt, alcune lampade poste al Valentino.
Chiuso l’interruttore a Lanzo, al Valentino, alla presenza delle LL.MM. Umberto e Margherita, le lampade si sarebbero accese.
Ci furono mille peripezie, la gran parte delle quali di indole anche non elettrica, si temette perfino il peggio, ma alla fine le lampade si accesero Il mondo poteva finalmente avere una certezza: la possibilità di trasportare energia nelle case Nei sogni di Ferraris, le Mamme potevano finalmente riprendersi parte del loro tempo e spenderlo con i loro bimbi. Ferraris aveva perso la Madre molto piccolo e sempre si rammaricò di quel tepore perduto.