Elettricità e modernizzazione in Italia tra ‘800 e ‘900
Approccio Umanistico. Approccio Scientifico.
Storia e Filosofia della Scienza. Procederemo, come sempre, nella radicata convinzione della trasversalità della cultura.
Come implicitamente ci proviene dall’esortazione, al Politecnico Federale di Zurigo, di Francesco De Danctis:
Nella precisa consapevolezza che:
- Equazioni di Maxwell
- Studi Umanistici
- Studi Scientifici
- Studi Tecnici
Ovvero:
La Storia dell’Ingegneria Elettromagnetica non é:
- Una successione di autocelebrazioni ipertrofiche tese a certificare che cosa già è stato fatto e che cosa ancora resta da fare;
- Una raccolta di Gossip destinata a naufragare in una memorialistica da caffè dopo cena del tutto fine a se stessa.
La Storia dell’Ingegneria Elettromagnetica è invece:
- Il tentativo di inserire l’elettromagnetismo applicativo nel paradigma maxwelliano che, con la Dynamical Theory maxwelliana, governa l’elettromagnetismo teorico classico;
- L’esigenza di contestualizzare l’ingegneria negli eventi che, storicamente, hanno contrassegnato il nostro tempo.
Non si tratta dunque di puro dilettantismo senile. Né di radunismo nostalgico. Si tratta invece della precisa necessità di rileggere quella che altrimenti resterebbe solo una conoscenza efficace cogliendone finalmente la giusta e dovuta valenza umanistica e sociale. È dunque, quello di tutti noi, un tentativo di ritornare all’inizio del Novecento e cogliere così, con l’alto (e a tutt’oggi ignorato) Magistero di Enriques e Rignano, il messaggio contenuto nella rivista Scientia da loro stessi fondata.
Federico Enriques | Einstein ed Enriques a Bologna al Congresso di Filosofia | Eugenio Rignano |
L’espressione stessa della trasversalità della cultura
Ad esempio….
Senza della quale, forse, neppure si potrebbe parlare di Cultura.
Ma per evidenziare tutto questo forse basterebbe citare i nomi del comitato di redazione di Scientia:
- Matematici italiani: V. Volterra, G. Peano, G. Vailati, G. Castelnuovo, S. Pincherle;
- Fisici italiani: E. Amaldi, E. Fermi ed E. Persico; il biologo C. Golgi;
- Scienziati stranieri: S. Arrhenius, W. Ostwald, B. Russell, P. Langevin, H. Becquerel, J.J. Thompson, E. Rutherford, H. Lorentz, S. Freud, H. Poincare’, E. Borel, E. Picard, E. Mach, A. Einstein, M. Debroglie, A. Eddington, C. Fabry, W. Heisenberg.
O ristudiare il pensiero di Ludovico Geymonat, quando afferma:
In tempi recenti si è manifestata una diffusa tendenza a relegare la filosofia entro i problemi dell’anima lasciando alla scienza la responsabilità di far progredire la nostra conoscenza del mondo, quasi che i due compiti siano separabili l’uno dall’altro.
Noi siamo fermamente convinti che questo modo di procedere sia in aperto contrasto con lo sviluppo più significativo del pensiero antico e moderno, e stia proprio alla radice della grave crisi da tutti denunciata nella cultura odierna tanto in quella cosiddetta umanistica (che in pratica ignora Maxwell, Einstein, Plank, come fino a qualche tempo fa ignorava Newton e Buffon, se non Galileo), quanto in quella specificamente scientifica (che spesso si trova ad adoperare i risultati delle scienze senza sapere e senza chiedersi da quali travagli culturali siano nati).
O addirittura negato, e magari, ad esempio parlando di corrente di Spostamento, anche filosofici. Il tutto in un preciso contesto storico che non può essere ignorato; Già, per l’appunto… travagli culturali…
Il principio a cui si ispira la nostra chiaccherata informale tra amici di oggi può essere sintetizzato dalla seguente frase di Edison: Physics today, engineering tomorrow.
Indagheremo cioè comparativamente il pensiero dei fisici matematici che divennero fisici teorici e dei fisici matematici che diventarono ingegneri:
In sostanza, parleremo della grande ingegneria elettromagnetica internazionale (come vedremo, il termine ferrarisiano “elettrotecnica” è oggi riduttivo e l’edisoniano “ingegneria elettrica” è del tutto sbagliato) approfondendo il legame che, tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi
decenni del Novecento, venne a stabilirsi tra l’ Elettromagnetismo Teorico (fisica-matematica e filosofia della scienza) e l’ Elettromagnetismo Tecnico
(ingegneria elettromagnetica).
L’esame sarà condotto in modo sistematico sulle opere delle due distinte figure scientifiche. I due personaggi – chiave di questo particolare dipolo sono:
- James Clerk Maxwell, il padre della Dynamical Theory
- Charles Proteus Steinmetz, il padre della Theoretische electrotechnik
Naturalmente i personaggi che gravitano nei due schieramenti sono tantissimi e non si potrà che nominarli di sfuggita (ne parleremo, con il dovuto dettaglio, nella versione scritta della presente chiaccherata). Per la Brigata Leggera dei Fisici possiamo citare postmaxwellianamente:
- Heaviside
- Lodge
- Fitzgerald
- Fleming
- Thomson
- Hertz
- Sommerfeld
- Jeans
Per la Brigata di Linea degli Ingegneri possiamo citare poststeinmetzianamente:
- Slepian
- Park
- Berg
- Alger
- Stratton
- Tellegen
- Carson
- Chu
- Norton
- Concordia
- Weber
- Pupin
- Kimbark
- Doherty
- Kron
- Deprez
- Blondel
- Thevenin
- Boucherot
- Mascart
- Mie
- Fryze
- Lecher
- Arnold
- Lehmann
- Budeanu
- Karapetoff
- Lamme
- Kapp
Per carità. Neppure ci esporremo a parlare, magari anche in modo frammentario, di tutti questi ingegneri, ci mancherebbe. E poi, nello spirito che abbiamo dichiarato iniziando questa chiaccherata tra amici, sarebbe anche del tutto ozioso, nient’altro che l’ennesimo noioso tributo al nozionismo.
Ci preme invece porre in evidenza, perché questa è l’essenza della grande Elettrotecnica tra Ottocento e Novecento, quanto segue:
- La matrice maxwelliana della formazione di questi ingegneri…
- L’alta scuola di fisica matematica da cui provenivano…
- I non infrequenti paralleli studi di filosofia o comunque di epistemologia.
In questo percorso formativo, rigoroso e canonico, si racchiude il segreto delle tante magie postmaxwelliane nelle quali, a cavallo tra i due secoli, si
configurò l’elettrotecnica. Una disciplina che, è bene precisarlo, fatte alcune debite eccezioni, si strutturò ed assunse l’assetto attuale quasi esclusivamente all’interno dei centri di ricerca delle grosse aziende.
Valgano per tutti gli esempi seguenti:
- La General Electric, a partire dall’assetto che al suo centro di ricerca di Schenectady assegnò Bob Doherty;
- Gli 11 (undici) trattati di Steinmetz, nei quali si configura a tutt’oggi tutta l’elettrotecnica moderna;
- I contributi di Kron: si pensi alla sua “Analisi Tensoriale”, alla sua “Ingegneria Universale”, alla sua integrazione per via circuitale dell’equazione di Schrodinger, alla sua “Diacoptica”, a tutt’oggi non ancora interamente metabolizzata dalla scienza elettromagnetica e per la quale, quale “genio incompreso”, Kron deve essere assimilato ad Heaviside.
- E poi il centro di ricerca Westinghouse diretto da Slepian, in seguito responsabile tecnico del progetto Manhattan (Oppenheimer fu i responsabile scientifico);
- E tornando anche più indietro, Dobrowolsky e la AEG
Forgiata nei centri di ricerca delle grandi aziende, l’Elettrotecnica ebbe nelle università un contributo legato più che altro alla revisione accademica dei formalismi adottati. Anche se poi molti di questi tecnici, nell’età matura, scelsero di andare ad insegnare nelle università per trasmettere alle nuove
generazioni i segreti di quella loro conoscenza efficace che avevano acquisito non nella cavallerizza, ma nel territorio, in aperta campagna, cadendo quotidianamente di sella
Valgano per tutti gli esempi di:
- Steinmetz,
- Berg,
- Kapp,
- Arnold,
- Lamme,
- Blondel,
- Doherty,
- Bewley,
e gli esempi si potrebbero moltiplicare. Ma ora è tempo di iniziare la nostra storia.
A partire dai due trattati che fecero l’elettromagnetismo e l’elettrotecnica:
L’esordio però non sarà facile, per ora siamo però ancora nel 1885 In Germania si stipula l’accordo Siemens-Edison A seguito di questo, il Kaiser ordina che si stampi il primo Handbuch der Elektrotechnik Lo affida, alla Technische Universität Darmstadt, ad Erasmus Kittler ed ai suoi collaboratori Michail Ossipowitsch Doliwo-Dobrowolski, Carl Hering e Waldemar Petersen.
Il testo, nella sua impostazione è già avveniristico: il primo tomo è dedicato alle correnti forti ed il secondo alle correnti deboli.
In fuga dall’Europa perché braccato dalla polizia segreta prussiana per la sua adesione al socialismo Charles Proteus Steinmetz, matematico, ingegnere, filosofo, storico, economista, politologo, botanico ed etologo.
Disceso a New York dal transatlantico Libertè, manda un telegramma al padre, In Germania, e si fa spedire una copia del Treatise di Maxwell ed
una dell’Handbuch di Kittler, la figura dell’ingegnere elettromagnetico, visto come fisico-matematico polarizzato al settore applicativo, prende dunque corpo.
Ma ancora non sono stati definiti in modo netto i rapporti tra la Dynamical Theory a monte e la pratica applicativa a valle; Tenuto conto della loro modesta formazione, E del fatto che nei loro corsi non studiano nemmeno le equazioni differenziali, Da più parti si ritiene che:
«electrical engineering was born yesterday and had no long-standing tradition, no professional culture».
Steinmetz rincara la dose e, nel momento della «translation of information from science to technology» e della conseguente messa appunto delle «design equations», assimilando il trasformatore della teoria ferrarisiana a due «ironless induction coils», osserva che:
«The theory of the transformer described a device that does not exist in practise, but merely haunts as a phantom transformers the text-books and mathematical treatise on transformers»
Ma poi rincara ulteriormente la dose ed investe anche la macchina asincrona
«Most theories of the induction motor were written only by theorist who never constructed a motor themselves and who have never seen a motor aken apart»
Per arrivare infine alla linea elettrica, per la quale osserva:
«Phantom transmission lines circuit of uniformly distributed capacity and inductance was very different from the circuit existing in practice».
La situazione della matematica, nel momento stesso in cui i modelli della linea diventano sempre più complessi, non è migliore.
L’analisi classica non è diventata ancora ingegneria matematica. Lo diventerà con Steinmtez ma questo accadrà nei primi anni del Novecento con un trattato, uno degli 11 che Steinemtz pubblica con la General Electric, che, a livello applicativo e di “controllabilità dei fenomeni attraverso il calcolo”, può considerarsi la prosecuzione stessa del Trattato di Maxwell.
È Maxwell, nel 1864, pubblicando la sua Dynamical Theory, ad elaborare la moderna teoria del mutuo induttore:
A parte il simbolismo, l’approccio lagrangiano adottato da Maxwell è già quello attuale.
In ambito applicativo il suo contributo passa del tutto inosservato Anzi dai tecnici viene totalmente, ed ipertroficamente, ignorato, con il risultato patetico che costoro, giungendo a ritenendosi autosufficienti rispetto al Treatise, riescono ad infilare, una dopo l’altra, le più incredibili corbellerie.
Dopo vent’anni di “latenza”, è Galileo Ferraris a riprendere il modello di Maxwell nello stesso momento in cui, per la Torino – Lanzo, il primo elettrodotto in alternata, egli elabora la prima teoria scientifica del trasformatore.
Finalmente con Lui l’ingegnere non si deve più contrapporre al fisico matematico, ma, fisico matematico egli stesso, a partire dalla medesima formazione rigorosa di base, deve finalizzarla, oltre che all’analisi (ciò che comporta la sola equivalenza agli effetti interni) anche alla sintesi (che, in maniera assai più onerosa, comporta un’ equivalenza agli effetti interni).
Il simbolismo da lui adottato diviene quello attuale.
La soluzione sarebbe giunta solo nel 1930 con il paradosso di Weber Matematico, ingegnere e filosofo, laureato in una Vienna influenzata dal pensiero di Mach, Boltzmann e Wittgenstein, Weber – a conferma della valenza strettamente maxwelliana dell’ingegneria elettromagnetica scientifica, – lasciò contributi cruciali sia nelle macchine elettriche che nelle telecomunicazioni.
Sul finire del secolo, sono queste le prospettive verso cui evolve l’elettromagnetismo applicato.
Noi siamo i musicanti,
Siamo i sognatori di sogni,
Erranti per solitari marosi
E seduti lungo corsi d’acqua desolati;
Alla luce pallida della luna
Noi perdiamo il mondo,
Noi abbandoniamo il mondo;
Eppure sembra che siamo noi a muovere,
Ad agitare il mondo per sempre.