Luigi Donati
Posto in rilievo il “ristagno culturale” attraversato dalla Scuola Italiana di Elettrotecnica negli anni del dopo – Ferraris, se ne evidenziano, con particolare riferimento all’opera di Moisè Ascoli e Guido Grassi, le cau-se oggettive e le conseguenze inevitabili.
In un contesto internazionale di grandi rivolgimenti e di febbrili ricerche, in cui la Scienza Elettromagnetica seppe finalmente darsi il corretto assetto fondazionale rispetto alla teoria di Maxwell, in Italia non si seppe “mantenere il passo” e si puntò invece ad una riformulazione d’idee già espresse da altri e considerate non an-cora consolidate a livello formale.
Un’eccezione di assoluto rilievo, a Bologna, fu la figura di Luigi Donati. Fisico matematico allievo di Felici e Dini, egli seppe, sfruttando la profonda conoscenza maturata nelle diverse branche della Scienza, introdurre nuove ed importanti ricerche di settore. Estendendo il più delle volte teorie già note, ma dandone sempre una vera e propria generalizzazione, attenta alla visione complessiva piuttosto che non all’applicazione particolare. Persona umile e tenace, egli, pur conscio del proprio valore e delle proprie capacità, non ne menò mai vanto; per tale motivo, G. Sartori lo definì un “mistico della Scienza”.
Il “Trattato di Elettrotecnica”, da lui scritto, negli anni della maturità, in collaborazione con Sartori stesso, ne costituisce il Magnum Opus: in esso la sensibilità fisico – matematica di Donati e la competenza ingegneristi-ca di Sartori si fusero in un perfetto connubio didattico che, in quegli anni di non facile transizione, seppe con-cretamente offrire, a tutti coloro che studiavano i fenomeni elettrici o intendevano tradurli in soluzioni applica-tive, un prezioso ed insostituibile supporto. Collocabile nel “filone” che, iniziato nel 1886 con l’“Handbuch der Elektrotechnik“ di E. Kittler, avrebbe conclusivamente condotto, nel 1909, con Steinmtez, al “Transient Electric Phenomena and Oscillation“ – la risposta applicativa della Theoretische Elektrotechnik postferrarisiana al “Treatise“ di Maxwell del 1873 – il Trattato di Donati-Sartori sarebbe stato la fucina che, negli anni tutti del I Dopoguerra, avrebbe forgiato un’intera classe di ingegneri italiani.
Oggi quel trattato, mutatis mutandis, mantiene immutato tutto il suo fascino. E, a livello di insegnamento possibile, tutta la sua efficacia basata sul rigore del ragionamento e sul potere evocativo nel percepire linee di forza: una sua ristampa anastatica, corredata di una curatela redatta con “vergognosa fronte”, costituirebbe un atto dovuto nei riguardi di due ineguagliati Maestri. E forse il tentativo di un recupero non rinviabile: quello del primato della didattica.
Nessuna conoscenza, se pur eccellente e salutare, mi darà gioia se la apprenderò per me solo.
Se mi si concedesse la sapienza con questa limitazione, di tenerla chiusa in me, rinunciando a diffonderla, la rifiuterei.
Lucio Anneo Seneca