Alfa Romeo, Disco Volante
Alfa Romeo Disco Volante: un Orgoglio Italiano Adriano Morando.
Facciamo subito la conoscenza di questa meraviglia. Lasciamoci affascinare dalle sue forme voluttuose, e non stupiamoci di cogliere il genio italiano.
In quei tempi era dominante e noto a tutti Oggi è forse solo sopito. È la bella addormentata in attesa del suo principe azzurro.
Una valigia di parole da comprare nel luogo magico che è una libreria:
un santuario tranquillo, come fuori dal mondo, dove è bello isolarsi, concentrarsi nella scelta di dimenticare il fuori.
Trovare ogni volta un “capo”nuovo, insolito, nascosto, un piccolo tesoro col quale uscire appagati, almeno per un poco….
Dopo l’arco forsennato del giorno, la sera, già comincia il Viaggio, in compagnia del migliore degli amici, un Libro. Gli occhi, d’intorno, assetati di sentimento, bevono ogni pagina. Poi, l’Aereo del Sonno accende i motori e il viaggio continua.
Decollando per la Landa Indecifrabile dei Sogni.
Il grande biografo è tale perché, scrivendo la biografia di un personaggio, descrive innanzitutto il clima e la temperie culturale propri dell’epoca in cui il personaggio stesso visse ed operò.
Per far questo, egli deve considerare gli anni in cui il personaggio narrato visse come un crogiolo nel quale, in ragione di precise cause storiche, politiche, sociali, culturali ed economiche, presero vita le idee e gli eventi nei quali il personaggio si trovò immerso e su cui egli esercitò la
propria influenza.
In caso contrario, del tutto decontestualizzato, il personaggio “narrato” finirebbe con l’essere una “cattedrale nel deserto” il cui vissuto, piuttosto che essere il prodotto delle condizioni al contorno, risulta la conseguenza esclusiva delle caratteristiche del personaggio stesso.
Di Franz Herre, il più autorevole biografo dei tempi attuali, Indro Montanelli disse testualmente:
«Herre è una specie di mago, in grado di prendere quattro ossa ed una manciata di polvere per dare loro vita, orpo e anima»
Rievocando le gesta dell’Arma di Cavalleria, non ci siamo limitati a snocciolare pedissequamente battaglie ed imprese eroiche.
Abbiamo invece seguito la Strada Maestra della Storia Patria ed in tal modo abbiamo fatto la conoscenza dei Grandi Protagonisti dell’Arma e dei suoi
Eroi.
Solo così abbiamo potuto indagare e comprendere, fino a farli nostri, il senso ed il valore delle Tradizioni e dei Valori di cui quegli Uomini si nutrivano. Dopo di che, interiorizzando e metabolizzando valori e tradizioni, tutto è stato facile; Ed ha avuto un senso.
Perché un Reggimento di Cavalleria, come una Scuola, come una qualunque altra Istituzione che, all’interno di una Società di Eguali, svolge un’attività condivisa ed apprezzata volta al bene della Collettività, è questo e questo soltanto:
Impegno, tradizione, innovazione, austerità, lealtà e coerenza. E questo vale anche per una fabbrica di automobili… Tanto più se la fabbrica è la gloriosa Alfa Romeo. E se, come vedremo, la vettura è un gioiello ed un vanto del Talento Italiano: la Disco Volante.
Il grande tradimento della storia è quello dei chierici, che hanno dato le ali agli angeli, perché in paradiso non si va con il volo delle ali ma con il lavoro delle mani.
Per questo, nell’illustrare la automobile protagonista del nostro incontro, noi dovremo innanzitutto:
Accennare (seppur sommariamente) al percorso evolutivo della Città nella quale questa auto fu concepita e realizzata;
Parlare degli uomini, i Tecnici (operai ed ingegneri) che, figli di quella temperie culturale e di quel patrimonio di valori e di competenze, la realizzarono.
Solo a quel punto, all’interno di una “biografia” che ricalca lo schema concettuale ed emotivo adottato da Franz Herre, avrà un senso parlare di questa macchina come del simbolo – italiano – di un’epoca.
La città, di cui rapidamente parleremo, è – inutile dirlo – Milano
La fucina dove la Meccanica di quella macchina fu forgiata è l’Alfa Romeo del Portello.
L’Atelier, a pochi metri dal Portello, dove la macchina fu rivestita fu la Touring Superleggera.
E poi c’è un’altra ragione per rivisitare l’automobile con la stessa chiave di lettura della Cavalleria.
Oggi, diciamocela tutta, viviamo un’epoca non facile e piena di incertezze:
I lussi di una “società liquida” – che tutto crede di sapere e che tutto ritiene di potersi permettere – stanno da tempo, ed inesorabilmente, presentando il conto;
Forse non è tempo di risorgere…
Ma è certo tempo di rinascere,
Se non addirittura di nascere…
Per far questo non occorrono insegnamenti. Occorrono invece esempi concreti, onesti e certificati dalla Realtà da cui trarre riferimento per guardare avanti e riprendere finalmente il cammino nobilmente intrapreso dai nostri Padri.
La Cavalleria – lo abbiamo visto – ci ha offerto Esempi di Storia Patria che mai avremmo potuto immaginare e che mai potremo dimenticare.
Ma il suo motto, «con il cuore oltre l’ostacolo!», deve saper valicare l’ “immediato” di una pattuglia cavallo e, con immutato spirito, deve essere capace di coinvolgere ogni altro possibile “mondo di italianità”. Per questo, così come farebbe Franz Herre, basta rivisitarlo quel mondo, riportandolo a livello della nostra sfera conoscitiva ed emotiva…
Ma il suo motto – «con il cuore oltre l’ostacolo!» – deve saper valicare l’ “immediato” di una pattuglia cavallo e, con immutato spirito, deve essere capace di penetrare ogni possibile “mondo altro di italianità”;
Fino a coglierne, così come questa fu in passato, l’essenza ed il valore;
E a trarne, in modo conseguente, I dovuti e necessari insegnamenti e moniti;
Per questo, così come farebbe Franz Herre con Franz Joseph o con Napoleone, basta rivisitarlo quel mondo, riportandolo a livello della nostra sfera conoscitiva ed emotiva…
È quello che faremo qui nel seguito: Un’auto è tutto: è certo ingegneria, ma non è solo quello: è anche storia di un Talento e di una Stirpe.
Toccare quella macchina, sentirne l’odore, guardarla, raccontarne la Storia, concupirla…, è già un modo per ritornare alle fonti del Clitunno.
Alle nostre fonti dalle quali dobbiamo ripartire e nelle quali dobbiamo riconoscerci:
Per questo ci riallacceremo al nostro precedente incontro con l’Arma di Cavalleria e lo chiuderemo attraverso questa immagine che ben riassume quanto ci siamo detto e tutte le emozioni che abbiamo condiviso:
I contenuti storici, metodologici e morali.
Ora, per entrare nel tema odierno, passeremo alla seguente riflessione:
Il sostantivo inglese manager deriva dal verbo francese manager, derivato a sua volta dall’espressione latina manu agere, “condurre con la mano”, ovvero “guidare una bestia stando davanti ad essa”.
Col tempo, da manu agere si è passati a manàgere e da qui al verbo francese manager e al sostantivo anglosassone manager. Il significato si è modificato, ma solo in parte: ancor oggi, manager è infatti “colui che conduce gli altri”. Da qui il termine management che in Italia tende ad essere
pronunciato con l’accento sulla seconda sillaba, in contrasto con la corretta pronuncia inglese, seguita a livello internazionale, che fa cadere l’accento sulla prima.
E passeremo alla seguente immagine:
Giusto per avere il piacere di sottolineare come essa, dovendo noi qui parlare del GENIO di chi concepisce e costruisce un’automobile, assolutamente non ci piaccia…
È furviante… Scambia i ruoli e mistifica i meriti… E manda un certo “messaggio” ai giovani… Un messaggio che ci riporta alla Francia all’indomani del Congresso di Vienna… E, scordato il sole di Austerlitz, ad un certo consiglio dato e trasmesso alle nuove generazioni…
Non a caso, parlando degli ingegneri, il volpaghese Professor Bottani li classificava in tre tipi distinti:
- Ingegnè (l’ingegnere inteso come laureato in ingegneria);
- Ingegneves: ingegnativi;
- Ingegnemes: ingegnamoci.
E come non richiamare le riflessioni del presidente Hoover?
Del resto , è ben noto che:
Per questo, prima di ricordare le figure che prima abbiamo elencato, giusto per percorrere il “sentiero olfattivo” che ci consentirà di ricostruire, di comprendere e di interiorizzare quel magico mondo, è bello citare anche i seguenti personaggi:
Giotto Bizzarrini, docente alla Facoltà di Ingegneria di Pisa, tecnico che si forma alla Alfa Romeo e che poi passa alla Ferrari. È il padre della Ferrari GTO, della Lamborghini e della mitica Bizzarrini.
Carlo Chiti, ingegnere areonautico a Pisa, progettista delle Ferrari e poi responsabile della Autodelta.
E gli esempi si potrebbero moltiplicare:
Da Bugatti che andò garzone da von Zeppelin per imparare il mestiere…
A monsù Lancia che fermava a Torino i lancisti che incontrava e chiedeva loro un giudizio sulla loro vettura e, se riscontrava difetti, li pregava di passare in azienda, gratuitamente, per le necessarie modificazioni;
E che dire di Alfieri Maserati, in piazza Maggiore, a Bologna, con un album per i disegni, intento a ritrarre, in una sera di temporale, il tridente nella fontana per farne il fregio per i suoi bolidi?
Ecco, pensando al Disco Volante, sono queste, e non altre…, certo più “attuali”, le immagini che ci intrigano, che ci colpiscono al cuore, delle quali sentiamo la prolungata assenza, che vorremmo saper evocare per magia e sortilegio e che, in tutta franchezza, ci danno più sicurezza e più orgoglio italiano.
Ma le figure artigianali ed autentiche che più ci intrigano e che vorremmo richiamare un istante sono due:
Cesare Sala, carrozzaio in viale Certosa, a Milano, in prossimità del Portello…
Si fece inizialmente le ossa con l’Aristocrazia Austriaca ed in seguito con Casa Savoja. Ci piace ricordare la carrozza superleggera di Alessandro in legno di limone. Fondamentali furono le sue collaborazioni con l’Alfa Romeo e con l’Isotta Fraschini.
Ricordiamo, tra tutte, l’Isotta Fraschini:
Ma la figura più intrigante, quella che ci è più cara, quella che, a pieno titolo avrebbe meritato di comparire a fianco di una macchina (ma che, proprio per questo, non vi comparve mai) è quella di Sergio Scaglietti.
Troppe le cose da ricordare di questo carrozzaio. Limitiamoci al suo sodalizio con l’amico di sempre, Enzo Ferrari.
Tra le sue tante meraviglie, limitiamoci a citare la più straordinaria, l’essenza stessa di una “certa Italia”: la GTO
Le origini, in quel di Milano.
Milano, la capitale industriale: dalle difficoltà legate all’Armistizio di Villafranca alle rapide di Paderno.
Il 1863 Nasce il Politecnico di Francesco Brioschi; Nasce il Tecnomasio Italiano di Cabella
Il Politecnico
Il Tecnomasio
1884: Santa Radegonda, con Colombo (Rettore del Politecnico e fondatore della Edison), nasce, vicino a Piazza Duomo, la prima centrale termoelettrica d’Europa e la seconda del mondo.
1892: i Tramway elettrici
In sintesi:
queste cose si possono fare solo a Milano e perciò si devono fare…
ERCOLE BOTTANI (1897 – 1978)
Delle scienze elettriche, ingegnere e Maestro Insigne presso il Politecnico di Milano per questa città volle la metropolitana Fondatore della MM s.p.a.
1.11.1994 i milanesi
La Milano delle Automobili
L’Alfa Romeo
«Quando vedo un’Alfa Romeo mi tolgo il cappello»
[Henry Ford discorrendo con Ugo Gobbato]
Velocissimamente:
- Anonima Lombarda Fabbrica Automobili: nasce nel 1910;
- Nel 1925 vince il Primo Campionato Mondiale di Automobilismo della storia;
- Nel 1950 e ’51 vince il Campionato Mondiale di Formula 1;
- Nel 1975 e ’77 vince il Campionato Mondiale Prototipi;
- Se la Lancia ha un posto nel cinema con l’Aurelia de “Il Sorpasso” e la Aston Martin con la DB5 di James Bond, l’Alfa ne ha uno con la Duetto de “Il Laureato”.
Ma lasciamo parlare i modelli affinché i Giovani sappiano e ricordino…
E così via di seguito…
« L‘Alfa Romeo non è una semplice fabbrica di automobili: le sue auto sono qualche cosa di più che automobili costruite in maniera convenzionale. ci sono molte marche di automobili, e tra esse l’Alfa occupa un posto a parte. È una specie di malattia, l’entusiasmo per un mezzo di trasporto. È un modo di vivere, un modo tutto particolare di concepire un veicolo a motore. Qualcosa che resiste alle definizioni. I suoi elementi sono come quei tratti irrazionali dello spirito umano che non possono essere spiegati con una terminologia logica.
Si tratta di sensazioni, di passione, tutte cose che hanno a che fare più col cuore che con il cervello. Naturalmente alcuni di questi elementi sono semplicemente meccanici, e pertanto sono abbastanza facili da identificare. Sono concetti che nascono dall’attività delle corse, nelle quali l’eccellenza è indispensabile».
Orazio Satta-Puliga
Fino a giungere al secondo dopoguerra…
Nel ’50 la Fiat e la Lancia allineano i loro modelli di nuova generazione: la 1400 e la Aurelia…
L’Alfa deve fare i conti con una fabbrica distrutta dalla guerra e deve mettere in linea una macchina del tutto nuova…
Anche perché, con la guerra, lo scenario, quello su cui si basava l’Alfa, non esiste più…
Sono scomparse:
L’Isotta Fraschini (la Monterosa non ce l’ha fatta);
La Bugatti (ingiutamente accusato di collaborazionsimo, il cuore del “Patron” non ha retto);
La Lagonda, che ora acquistata da David Brown, diventa Aston (la corsa vinta) Martin (il fondatore) DB (le iniziali del cognome del nuovo proprietari);
In Inghilterra, sir William Lyon, che ha spopolato con la sua SS 100:
Deve cambiare nome alle sue vetture perché il Inghilterra SS vuol dire Schutzstaffel
Nasce così la Jaguar, la quale, già in quei primi anni, produrrà una rivale temibilissima per l’Alfa: la XK 120.
Di lì a poco Lyon si legherà ad un giovane pilota della RAF: Malcom Sayer, come Orazio Satta e Carlo Chiti avrà una formazione da aeronautico;
Come Bizzarrini sarà docente universitario; Ma, rispetto a loro, avrà tre “cose” in più: Come pilota della RAF, l’aerodinamica degli Spitfire la conoscerà sul campo; Come ingegnere, sarà il primo ad utilizzare le equazioni della aerodinamica (in precedenza non integrabili) per le sue carrozzeria; Come tecnico delle auto, si “ispirerà”, per sua esplicita ammissione, ad alcune Alfa…
Nel frattempo, in quei primi anni Cinquanta, l’Inghilterra allinea auto temibili per l’Alfa:
La Triumph TR3
L’MG TF
La Austin Healey
Si affermerà inoltre sempre di più l’Aston Martin – Lagonda David Brown si avvarrà per questo (come la Triumph con Michelotti) di due carrozzieri italiani vicinissimi all’Alfa Romeo: Felice Bianchi Anderloni ed Elio Zagato;
Il primo rivestirà la DB5 di James Bond; Il secondo, fautore di Alfa a goccia e a coda tronca, non sarà da meno.
Ma torniamo ora a quei difficili anni ’40 – ’50 della ricostruzione e dell’automobilismo milanese: È giunto il momento di far finalmente la conoscenza con i personaggi che abbiamo citato in precedenza: Orazio Satta – Puliga, Vittorio Jano, Felice Bianchi – Anderloni e Consalvo Sanesi.
Diventiamo grandi grazie ai sogni.
Tutti i grandi uomini sono dei sognatori.
Vedono cose nella leggera foschia primaverile,
o nel fuoco rosso della sera d’un lungo inverno.
Alcuni di noi lasciano morire questi grandi sogni,
ma altri li nutrono e li proteggono. Abbiatene cura nei giorni brutti affinché portino il sole e la luce che viene sempre a chi spera col cuore che i propri sogni si avverino.
Woodrow Wilson
Dovremo parlare inoltre dell’auto della riscossa postbellica dell’Alfa: la 1900, l’ “auto di famiglia che vince le corse”
Orazio Satta Puliga (Torino, 6 ottobre 1910 – Milano, 22 marzo 1974), laureato in Ingegneria Meccanica al Politecnico di Torino nel 1933 e una seconda volta in ingegneria aeronautica nel 1935 entrò alla Alfa Romeo dopo il servizio militare nel 1938.
Nel 1946 venne nominato direttore della progettazione e delle esperienze, nel 1951 divenne direttore centrale e nel 1969 vice direttore generale.
La progettazione della 1900, della Giulietta, della Giulia, della 1750 dell’Alfetta e delle loro derivate si deve a lui ed ad altri tecnici sotto la sua direzione: Giuseppe Busso, Rudolf Hruska, Filippo Surace e Domenico Chirico, solo per citarne alcuni.
A questi tecnici gli Alfisti devono la loro passione per le Alfa Romeo, auto pensate e costruite guardando all’eccellenza tecnica. Colpito da un male incurabile, si suicidò nel 1974;
Vittorio Jano (San Giorgio Canavese, 1891- Torino, 1965) progettizta di motori per auto; Debuttò in Fiat nel 1911 e, grazie alla mediazione di Enzo Ferrari, passò all’Alfa Romeo;
Negli anni successivi, grazie alla realizzazione di una lunga serie di eccezionali propulsori, contribuì a creare il mito dell’Alfa Romeo. Passò in seguito alla Lancia dove, con Dante Giacosa, contribuì alla progettazione, tra le altre, dell‘Aurelia;
Nel 1955 passò alla Ferrari;
Nel 1965, colpito da un male incurabile e respingendo l’idea di una fine lenta e orribile, si suicidò;
«Ha vissuto da forte e da forte ci ha lasciato. Non fui stupito della ferrea coerenza con la quale concluse la sua esistenza, e gli ho ammirato anche quel gesto, che considero di supremo coraggio »
Enzo Ferrari.
Consalvo Sanesi (Terranova Bracciolini, 1911 – Milano, 1998);
A 17 anni entra come apprendista al reparto corse dell’Alfa;
Nel 1929 viene assunto come motorista;
Nel 1933 diviene collaudatore; Nel 194° diviene pilota ufficiale; Nel 1946 collauda le Alfette e ne diviene il pilota nelle competizioni;
In seguito, come capo collaudatore, competente e scrupoloso, ha un ruolo essenziale nella messa apunto delle vetture Alfa.
La Carrozzeria Touring, nasce nel 1926, in via Ludovico di Breme, nelle vicinanze del Portello, ad un passo da via Monterosa, dov’era lo stabilimento della Isotta Fraschini. quando due avvocati, Felice Bianchi Anderloni e Gaetano Ponzoni, amici di vecchia data, gettate al vento le toghe da avvocati che non avevano mai indossato, rilevano la maggioranza azionaria della Carrozzeria Falco di Vittorio Ascari, fratello del grande campione dell’Alfa Romeo.
Bianchi Anderloni è cognato di Cesare Isotta e di Vincenzo Fraschini, presso i quali ha maturato le sue conoscenze automobilistiche: alla nuova società apporta pertanto l’esperienza della tecnica più raffinata;
Ponzoni è un ex bancario: porta pertanto le proprie esperieinze amministrative. Con il motto «il peso è il nemico, la resistenza dell’aria è l’ostacolo», la Touring impegna tutta l’esperienza acquisita eseguendo, nel proprio reparto aeronautico, lavorazioni di parti di aeroplani. In tal modo, introducendo l’uso di nuovi materiali e nuove tecniche propri del settore aeronautico, può estendere tali concetti e le più recenti tecnologie anche alle carrozzerie delle auto.
La prima comparsa di una Touring, costruita col sistema Superleggera, fu alla 1000 Miglia del 1937, su un’Alfa Romeo 6C 2300. La caratteristica dell’invenzione consisteva nel sostituire la struttura in legno della scocca con un traliccio di sottili tubi di acciaio e di ricoprirlo con pannelli in alluminio o altre leghe sempre più leggere e resistenti.
Naturalmente anche gli altri componenti della carrozzeria furono contemporaneamente oggetto di studio di alleggerimento, come l’adozione di plexiglas in luogo dei cristalli laterali, di sedili a struttura tubolare e di accessori sempre miranti alla leggerezza.
Battuto brillantemente il nemico peso non si poteva dimenticare la seconda parte del motto: la resistenza dell’aria è l’ostacolo. Il contatto
frequente con l’ambiente aeronautico non poteva che favorire l’acquisizione di conoscenze di aerodinamica e creare una mentalità mirata al miglioramento della penetrazione nell’aria. Ogni nuovo modello veniva realizzato in scala 1/10 o 1/5 e provato nella galleria del vento alla Breda o al Politecnico di Milano o negli impianti delle fabbriche committenti.
Ma è meglio far parlare le immagini.
La Disco Volante.
Il discorso svolto fin qui ci consente di presentare la nascita e la realizzazione della Disco Volante contestualizzandola in modo preciso e riconducendola agli uomini che effettivamente la realizzarono. Lo schema può essere del tipo seguente:
Il principio fu l’Alfa 1900
Nel 1950, ritenuta la 6c 2500 un modello ormai superato, l’Alfa Romeo ritiene i tempi maturi per proporre una carrozzeria con scocca integrata al telaio.
Il motore, un 4 cilindri 1900, inizia a girare il 14-gennaio-1950;
La macchina esce su strada, con Sanesi alla guida, il 2-marzo dello stesso anno;
Come prototipo compare in maggio al salone di Torino;
Apportate modifiche alla carrozzeria (per differenziarla dalla Fiat 1400), è presentata alla stampa a Milano agli inizi di ottobre ed è poi ufficializzata nello stesso mese al salone di Parigi;
In produzione fino al 1959, ne saranno realizzate numerose versioni berlina e sportiva.
1952: dalla meccanica della 1900, con una carrozzeria Touring, nasce la C 52, la Disco Volante.
La carrozzeria è di tipo biconvesso; Oltre che particolarmente originale, essa, grazie a questo “accorgimento stilistico”, si presenta particolarmente aerodinamica;
Ne viene depositato il brevetto come “Modello ornamentale”. Ne vengono realizzati quattro esemplari: tre spider ed uno coupé;
Con una carrozzeria ispirata alla versione spider (il motore è però un 6 cilindri 3,5 da 250 CV), vengono realizzati una decina di esemplari da competizione, denominati 6C3000CM;
Il peso particolarmente ridotto (760 kg) permetterà di raggiungere i 230 km/h;
Pilotando vetture di questa serie, Fangio si classifica 2° assoluto nella Mille Miglia del 1953 e vinse il G.P. Supercortemaggiore nello stesso anno.
Nel breve tempo, in virtù della sua linea particolarissima e grazie alla popolarità conquistata sul campo con la Mille Miglia, la “1900 C 52” diviene famosissima; Negli uffici del Portello giungono allora decine di prenotazioni “sulla fiducia”.
Ma l’azienda, nonostante le pressioni di personaggi famosi ed innamorati della “Disco Volante“ (tra i quali ricordiamo Tyrone Power) decide di non produrre in serie il modello.
Simbolo dell’automobilismo mondiale ed icona dell’Alfa Romeo, la Disco Volante non avrà dunque seguito.
Sul finire degli anni ’50 quella linea biconvessa ideata da Bianchi-Anderloni influenzerà (per sue esplicita ammissione) Malcom Sayer: ne nasceranno la Jaguard D e la Jaguar E. Negli Tra gli anni 50
Comunque, al di là di ogni dubbio possibile, le immagini parlano da sé: